PERCHE’ SCIOPERIAMO IL 2 DICEMBRE, UN PO’ DI STORIA

La storia moderna dell’Ucraina va ricordata. La rivoluzione fu anarchica, guidata dai contadini e da Nestor Machno, ma venne tradita e distrutta dall’armata rossa di Trockij, che l’aveva lasciata sola a combattere contro le truppe dell’Intesa e poi, visto che gli ucraini avevano resistito, quella rivoluzione venne colpita alle spalle in violazione di accordi ed alleanze. L’invasione dei sovietici venne vissuta come un’annessione. Nel corso degli anni 1932/33, il governo centrale guidato da Stalin impose al Paese una disastrosa e punitiva politica agricola, producendo milioni di morti di stenti. Nel 1941 l’invasione nazista fu scambiata dalla destra filo-fascista di Stepan Bandera per una sorta di “liberazione”, ma Hermann Goering (Göring), già dalla sua prima visita ufficiale nei territori occupati deluse subito ogni speranza: gli ucraini erano schiavi dei tedeschi, chi lavorava, deportato e senza diritti, se riusciva a resistere avrebbe avuta assicurata (forse) la mera sopravvivenza, gli altri sarebbero morti di fame.
Poi è storia recente: 25 milioni di sovietici ed ucraini sono morti per schiacciare il nazismo, anche se per la propaganda occidentale la guerra sarebbe stata vinta dai soli anglo-americani.
L’Unicobas è un sindacato libertario, non siamo mai stati fan dell’Unione Sovietica, tantomeno lo siamo di Putin, residuo di un capitalismo di stato approdato alle privatizzazioni ed al neo-liberismo, dove chi gestiva ad esempio il gas è diventato padrone della Gazprom. Putin è un autocrate e la sub-cultura della guerra, nonché l’invasione dell’Ucraina in sé sono inaccettabili.
Ma tutto ciò non vuol dire mettere la sinistra a servizio della Nato, corresponsabile di colpi di stato e guerre d’aggressione guidate dagli Usa in tutto il mondo. La Nato ha violato tutti i patti. Gli accordi di Yalta, con la vergognosa spartizione del mondo in blocchi erano pur sempre un trattato. Il trattato Russia-Finlandia (1948) aveva statuito la neutralità finlandese. Nel 1989 Reagan aveva assicurato a Gorbačëv che nessun paese dell’ex patto di Varsavia sarebbe entrato nella Nato.
Dal 2014 è iniziato il massacro di civili nelle regioni del Donbass e di Lugansk. Ma persino ad Odessa in 50 vennero arsi vivi in una casa del popolo, e chi si gettava dalle finestre venne finito con la baionetta dai neo-nazi ucraini (e non solo) poi incorporati nell’esercito regolare con tanto di simboli del Terzo Reich sulle divise. Poco prima la Russia aveva invaso la Crimea.
Poi è stato firmato il protocollo di Minsk: prevedeva l’autonomia del Donbass e di Lugansk, il ritiro di tutte le armi pesanti, ma non è mai stato rispettato dall’Ucraina, il cui governo ha eliminato persino la lingua russa dalle scuole e messi fuori legge in tutto il paese il partito comunista e quello delle autonomie.
Oggi assistiamo ad altre stragi, violenze, torture. La guerra è sempre così, si scarica su chi non l’ha decisa e fa arricchire chi la scatena e l’industria degli armamenti: un prodotto di vecchi e nuovi nazionalismi contro i popoli del mondo. Per questo il movimento dei lavoratori, quando non è stato corrotto e deviato, è sempre stato internazionalista ed ostile a tutte le guerre.
Prima del febbraio 2022, sono stati 8 anni di scontri, con 15.000 morti, molti fra vecchi, donne e bambini, dopo la presa del potere di Zelensky, teleguidata dagli Usa. Otto anni di manovre congiunte Nato-Ucraina. Una guerra sul tipo di quella attuale. Con gli stessi “effetti collaterali”: così li chiamavano gli Usa al tempo delle “bombe intelligenti” sganciate allegramente sull’Iraq, invaso senza la minima prova dell’esistenza di armi di distruzione di massa.
Le provocazioni contro la Russia ce le ha ricordate persino il Papa, parlando di un lungo, insistente, protervo abbaiare della Nato ai confini. Noi non sottoscriviamo la russofobia oggi imperante.
Immediatamente, all’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono stati posti fuori legge da Zelensky altri 11 partiti. Costui sarebbe il baluardo della democrazia? Se Putin è un oligarca, Zelensky è un cinico faccendiere apprendista stregone, con le sue ville a Forte dei Marmi ed in California. Teleguidato da Biden che lo usa per fare una guerra per interposto paese, col sangue degli ucraini, onde indebolire la Russia e minare l’economia europea. Due piccioni con una fava.
Biden grazie a 50 e più miliardi di dollari prestati terrà per il collo l’Ucraina e le sue risorse per i prossimi 40 anni. Tutto ciò è solo tragedia, ancor più di fronte al rischio di una guerra nucleare. Sono plausibili aiuti umanitari, ma non la fornitura di strumenti di morte, il riarmo e la cobelligeranza. Per questo motivo il 65% degli italiani (più di un terzo dei quali si è astenuto alle elezioni politiche) è contrario alle sanzioni-boomerang ed alla politica interventista del governo Draghi, che la Meloni copia per rassicurare Washington. Per la precisione il 55% è contrario all’invio di armi, perché non si può lavorare per la pace se non si ha una posizione terza ed autonoma. Bella questa seconda repubblica! Né Moro, che avrebbe parlato di “momento della responsabilità”, e neppure Craxi o Andreotti sarebbero mai stati così servi degli americani. E per cosa poi? Draghi, da ragioniere dei padroni vorrebbe diventare vice-capo del mondo e capo della Nato, ma gli difetta la geopolitica. Del resto il suo padrone, Biden, è solo un nano nelle mani dei padroni della guerra, uno che governa con neppure il 40% del consenso, che ha abbandonato tonnellate di armi sofisticate nelle mani dei talebani e tradito ogni speranza delle donne e del popolo afgano.
Intanto che ci somministrano sciocchezze sul livello di condizionatori e termosifoni, i banchieri di Amsterdam speculano sul prezzo del gas da prima dell’invasione dell’Ucraina, e Biden ce lo farà pagare il triplo dei russi. Fare cassa per gli americani: questo è il destino imposto ai lavoratori, a quel 40% di giovani che è disoccupato o precario a vita, alle famiglie che, se prima non arrivavano a fine mese, ora fanno fatica a passare la prima settimana. Le bollette sono già sestuplicate, ma raddoppieranno entro fine anno. Gli impianti della ceramica hanno chiuso, la crisi ed il caro-vita galoppano anche sugli alimenti di prima necessità, e nel mondo milioni di esseri umani sono a rischio di morte per fame.
Dove sono gli ambientalisti? Perché, se non l’hanno capito, la seconda emergenza (dopo la pandemia) è la scusa afferrata al volo dai padroni delle energie fossili, non rinnovabili ed inquinanti, come il nucleare, il cui maggior propagandista oggi è Macron.
Dov’è la democrazia della Nato? La esercita forse Erdogan? Dittatore e criminale, ma interno all’alleanza, ha preso la guerra al balzo per ricominciare a bombardare il popolo curdo che è stato in piazza con noi il 20 maggio per ricordare a tutti che di guerra non ce n’è una sola. Hanno fermato Daesh? Bene, questo è il ringraziamento dell’Occidente. Le guerre sporche sono almeno 36.
Dove sono i verdi? Governano in Germania insieme ai socialdemocratici ed hanno deciso di sperperare 100 miliardi in 5 anni per riarmarsi: un colpo mortale al più alto welfare della Ue. Via salario di cittadinanza, assoluta regressione delle spese sanitarie e sociali. Politica energetica autarchica (altri 200 miliardi). Che farà l’Italia con licenziamenti, stipendi (i più regrediti della Ue), ammortizzatori sociali, servizi, scuola e sanità? Per rimanere in sella la Meloni passerà presto da 15 a 40 miliardi l’anno di spese militari (secondo una legge di indirizzo già votata con Draghi) e se l’80% dell’edilizia scolastica non è a norma, via anche quegli 800 milioni stanziati, contro i 13 miliardi che secondo la protezione civile erano necessari già 10 anni fa. Non mancheranno invece le spartizioni, né gli aiuti a banche e speculatori.

Oggi è il sindacalismo di base a rappresentare la coscienza del Paese, perché al contrario dei sindacati di partito pronta-firma, non ha interessi da garantirsi, non gode di distacchi pagati dallo stato, non è interno al teatrino della politica. È un’enorme responsabilità che insieme potremo onorare se sapremo concentrare sullo sciopero generale del 2 dicembre, senza infingimenti, giochini e partitini di riferimento, uno sforzo capace di riaprire lo spazio del dissenso con una grande manifestazione nazionale e se porteremo avanti il lavoro avviato con il Forum del sindacalismo alternativo e libertario europeo, fino a “contagiare” con una lotta comune altri paesi della Ue.

Stefano d’Errico (Segretario Nazionale dell’Unicobas)

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